logo Fucinaidee

Il vuoto che avanza, come il politicamente corretto ci nega il futuro

di Andrea Venanzoni

Un mormorio di lingue che muoiono, questa secondo Richard Millet in “Lingua fantasma” (Liberilibri) è l’ossatura spezzata del mondo occidentale; sinfonia necrotica di una letteratura totalmente sciatta, volgarizzata, i cui autori sono più preoccupati dalla correttezza e dal conformismo a determinati paradigmi politici e culturali piuttosto che dalla deflagrazione espressiva del proprio messaggio. Non esiste più alcuno stile, ed è una tragedia. “Lo stile è superiore alla verità, porta in sé la dimostrazione dell’esistenza”, scriveva con buonissima ragione Gottfried Benn. Lo stile e la forma sono sostanza, sono l’epidermide virtuosa dello stato dell’arte. E non è per caso che l’Occidente tutto, pervaso dalla febbre della mediocrità, dalla democratizzazione insulsa e insensata dell’arte, dai vagiti indecorosi dei giacobini della lagna, affondi in una coltre maleodorante di fanghiglia. Politicamente corretto e cancel culture rappresentano una tenaglia, una morsa che si va stringendo alla gola del nostro mondo, asfissiando qualunque anelito creativo, da un lato, e dall’altro aggredendo e demolendo, spesso in senso letterale, le vestigia del nostro passato. Una volta si insegnava che le civiltà emergenti almeno tendevano a distruggere i simboli delle civiltà conquistate nel nome di una sostituzione o di una sovrapposizione, nel generale quadro di una visione complessiva capace di esprimere una propria arte, una propria civiltà. Qui invece siamo al cospetto di una negazione assoluta, priva di una propria visione; siamo nel baratro, nel vuoto, nel luddismo della ragione che spacca il cranio dell’arte e della cultura.

Statue abbattute. Si è iniziato con le più controverse e poi si è proseguito in maniera inarrestabile. Poi si è passato ai dipinti, agli autori considerati controversi o indigesti per la piagnucolosa sensibilità contemporanea. “Ila e le ninfe”, capolavoro pittorico di Waterhouse, nel 2018 venne eliminato dalla esposizione museale a Manchester perché considerato “maschilista”. “Thérèse Dreaming” di Balthus letteralmente linciato in quanto considerato “un invito alla pedofilia”. Il raffinatissimo scrittore Gabriel Matzneff fatto a pezzi dalla furia femminista del MeToo per un affaire risalente ad anni prima, ben descritto dallo stesso Matzneff in “Vanessavirus” (Liberilibri), in un Paese che nulla ha avuto da eccepire quando certi scabrosi gusti vennero affrescati con tanto di verbosa sovrastruttura concettuale dalla famigerata petizione risalente agli anni Settanta e sottoscritta, tra i molti, da Foucault, Sartre, Guattari, per consentire addirittura il sesso tra adulti e minori consenzienti.

Per un esteso catalogo di altre, similari atrocità e per una organica ricostruzione di questa pessima ideologia fanatica, si legga l’ottimo “Politicamente corretto – storia di una ideologia” (Marsilio) di Eugenio Capozzi. La cultura della cancellazione, braccio armato del politicamente corretto, destruttura, annichilisce, abbatte, devasta, insozza, ma non costruisce nulla. Ontologicamente incapace di produrre alcunché, non è nemmeno iconoclastia motivata dalla produzione di un proprio modello. È semplice, purissimo e magmatico vuoto. Non solo quindi incapace di gettare le premesse e le fondamenta di un qualche futuro, ma elemento di distruzione di quanto la società occidentale ha edificato. Uccide letterati e artisti e li soppianta con aridi burocrati delle lettere, della musica, della scultura, della pittura. Patrocinatori di una debolezza assoluta, malevola, agognano il vuoto perché non sanno cosa farsene dello stare in società e, al tempo stesso, non saprebbero nemmeno cosa farsene del vuoto una volta raggiunto.

“I deboli hanno spesso idee rivoluzionarie; essi pensano che starebbero bene se non fossero governati e non si rendono conto che non sarebbero capaci di governare né sé né gli altri”, ha scritto Goethe, e la massima val bene per i sostenitori fanatici del politicamente corretto. Vogliono far franare tutto, senza curarsi della slavina che travolgerà, inevitabilmente, anche loro. Impedirgli di nuocere è uno straordinario atto di generosità anche nei loro confronti.

(da Il Riformista - 6 marzo 2024)

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina