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“La spilla d’oro. Memorie da un secolo sterminato”

 

Romanzo storico di Paolo Buchignani

 

Recensione di Fabiano D’Arrigo

 

 

L'Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti, venerdì 2 febbraio 2024 ha curato la presentazione dell'ultima opera del prof. Paolo Buchignani. L'evento si è tenuto al palazzo Pretorio con grande affluenza di pubblico.

Hanno presentato il libro Paolo Razzuoli e Marino Biondi.

 

 

Dopo "L'orma dei passi perduti" (ed. Tralerighe libri, 2021), Paolo Buchignani continua a scrivere opere narrative e dona al pubblico dei lettori un portentoso romanzo storico: "La spilla d'oro. Memorie da un secolo sterminato" (ed. Arcadia, 2024).

A differenza dei grandi romanzi storici ottocenteschi, il cui narratore esterno ed onnisciente ricostruiva accuratamente un ambiente con gli usi, i costumi e la mentalità, Buchignani si affida ad un narratore che è pure il protagonista della vicenda narrata e ricostruisce una storia, quella del Novecento che parte dal 1911 (guerra di Libia) e sfora fino al 2022, mescolando ed intrecciando memorie, vicende personali reali e verosimili, eventi veramente accaduti e documentati.

La ricostruzione storica dell'ambiente, in particolare di quello lucchese: della città di Lucca e delle campagne dell'Oltreserchio dove si trova Santa Maria dei Colli, non impedisce alla narrazione, come è giusto che sia, il dipanarsi di fatti fantastico-verosimili, né talvolta il trasformarsi in un lirismo narrativo che ricorda la pregevole scrittura tobiniana.

Lapo, questo il nome del protagonista (che all'ottanta per cento assomiglia a Paolo Buchignani), è uno studioso di storia, profondo conoscitore del fascismo e dei drammi sterminati del così detto secolo breve.

Nel 2020 Lapo è angosciato a causa della diffusione pandemica del Coronavirus. Affacciandosi al davanzale non vede più la luce che si annuncia “nel profilo dei monti, a levante di Lucca”; ma vede “a levante, verso la città, un debole chiarore… tra la nuvolaglia gelatinosa”.

La condizione di isolamento, la paura della morte sospingono Lapo a pensare al padre Orlando morto a Natale del 2001 ed ai familiari. Ma soprattutto “un desiderio impellente, d’improvviso lo agita: guardare dentro la sua vita per scoprirne il senso”.

Ecco la domanda radicale alla quale Lapo deve rispondere, perciò è costretto a ripensare al “Novecento, con le sue meraviglie e le sue tragedie”, a quel Novecento in cui il padre Orlando, la madre Anna e nonna Esterina (vera musa ispiratrice di Paolo Buchignani) e un’umanità dolente sono stati, assieme a lui, chiamati a vivere.

A questo punto il romanzo storico diventa un unicum col romanzo saggio. Si dilata l’intreccio con esplosioni descrittive e si affrontano le tematiche culturali, ed in nuce quelle filosofico-teologiche, della modernità: il senso dell’essere e dell’agire dell’uomo nel mondo.

“Fora fora la spilla d’oro dalla testa rossa, impietosa, penetra nel cumulo dei lustri, più a fondo, più a fondo”. Dal comò di Esterina la spilla a Lapo progressivamente rivela il passato, dal quale il professore progressista riemerge nel presente e viceversa.

Le piccole storie del microcosmo paesano, rese vive dalle memorie dei protagonisti, si intrecciano con la grande storia, ricostruita grazie ai documenti d’archivio, lungo lo scorrere del tempo.

Lapo rivive l’impatto della grande guerra sulla sua famiglia; ripensa ai socialisti massimalisti, che avversavano le Rogazioni e la processione di San Cataldo, e a quelli riformisti; denuncia le squadracce fasciste di Carlo Scorza, che indisturbate operavano a Santa Maria dei Colli, a Valdottavo e nella Lucchesia; ammira don Giuseppe Benassi ed il suo successore don Ugo; ricorda che “la chiesa lucchese, assieme a tanti laici (gente semplice, rimasta nell’ombra), ha salvato dalla deportazione e dalla morte circa quattrocento ebrei” praticando “l’esercizio della carità cristiana” e una “resistenza civile”; rivede i compagni del Fronte popolare che nel 1948 volevano spazzare via il capitalismo dall’Italia per edificarvi la società comunista dei Soviet; prende, grazie alla compagna Sandra ed alle “argomentazioni di Chiaromonte”, la tessera del PCI nel 1973; intraprende un viaggio a Budapest per conoscere il socialismo reale e lì incontra Silvia che lo disillude: “all’Est ci sono dittature ingessate, immodificabili, che mai potranno aprirsi alla libertà”. Allora come superare i “tratti illiberali”, come “conciliare socialismo e libertà” si domanda Lapo?

Il lungo viaggio a ritroso fa toccare con mano, a Lapo ed ai lettori, che le ideologie hanno fallito, perché hanno prodotto solo macerie ed hanno infranto le speranze dell’umanità.

La salvezza, semmai, proviene dai buoni sentimenti e dai valori incarnati dalla gente comune che lavora, che soffre, che non perde la speranza, che non smette di credere nella giustizia nell’amore nella preghiera. E la nonna Esterina, suo padre, sua madre, i familiari, gli amici, pensa Lapo, ne sono fulgidi esempi. Nei momenti più bui non hanno mai perso la speranza che “il sole [spuntasse] dal profilo dei monti”.   

Nell’agosto 2022 Lapo, come i vecchi fedeli salmodianti nella processione delle Rogazioni a Santa Maria dei Colli, ripete l’antica invocazione “A peste, fame et bello, libera nos Domine” con una fiducia che i tre flagelli che “si sono scatenati tutti assieme in questo terzo millennio” scompaiano per l’impegno dell’umanità… e, perché no, per la grazia di Dio. 

Poi “Lapo s’affaccia alla finestra: nella notte chiara, sulla strada bianca di luna, una giovane coppia ride e si scambia tenerezze”.

L’amore della “giovane coppia”, erede della buona gente antica, è la risposta lungamente cercata e finalmente trovata da Lapo.

 

Paolo Buchignani, La spilla d’oro. Memorie da un secolo sterminato, edizioni Arcadia, pagg. 423, euro 18

 

Lucca, 4 febbraio 2024

 

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