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Lenin genio del male: non ci fu mai un momento felice, nei settant’anni di vita dell’Urss

di Mario Lavia

Ma come "genio o despota"?

Fa un po’ impressione che uno studioso di livello come Michele Prospero si ponga su Lenin questo interrogativo. Non avrà fatto lui il titolo del suo pezzo su l’Unità del 21 gennaio ma il problema è che il suo scritto non prende posizione su una figura sulla quale la storia, e anche la storiografia, hanno dato un giudizio definitivo del tutto negativo. Prospero sceglie invece la strada più comoda della rievocazione dei fatti, più o meno come fa anche Augusto Illuminati sul Manifesto, a dimostrazione che sui giornali di sinistra si preferisce non entrare nei giudizi, e dunque ecco Lenin che torna in Russia, Lenin che organizza, Lenin che decide… Ora, la  rievocazione degli avvenimenti è sempre cosa utile (bellissimo il lungo racconto di Ezio Mauro su Repubblica) e tuttavia il solo contemplare l’ipotesi che Vladimir Ilic Ulianov sia stato un genio è culturalmente allucinante: fornisce copertura culturale ai mattocchi che in questi giorni di rievocazione del leader bolscevico si commuovono. A meno che non si intenda – ma allora bisogna dirla così – che il capo dei bolscevichi sia stato un genio sì, ma del male: perché appare fuori dubbio il fatto che Lenin mise in piedi una piuttosto sgangherata macchina dell’orrore che si chiamò Unione Sovietica, un’enorme struttura burocratico-militare fondata sul terrore e l’impoverimento crescente – avrebbe detto Marx – della popolazione.

«Il cervello di Lenin», come scrisse Trotsky, fu certamente l’elemento che determinò un sommovimento rivoluzionario che probabilmente senza la sua soggettiva frenetica ansia di impadronirsi del potere non sarebbe avvenuto. La Rivoluzione bolscevica non era affatto matura (“La Rivoluzione contro il Capitale”, cioè contro Marx, scrisse Gramsci) e aveva bisogno dell’”opportunismo” (Lunacarskij) di una personalità assatanata come quella di Vladimir Ilic per forzare la storia come fecero i giacobini in Francia, che però avevano dietro di sé una robustissima rete filosofica che i bolscevichi, tantomeno Lenin, si sognavano.
Ma se vogliamo stare ai fatti allora non si può dimenticare il fatto che i bolscevichi rovesciarono il governo liberale di Kerenskij sostanzialmente con un colpo di Stato dopo che quel governo aveva sconfitto lo zarismo istituendo un parlamento democratico, pur nelle arretratissime condizioni politiche della Russia di quel tempo. Fu Lenin il primo ad essere spietato contro le forze avverse al potere bolscevico, fu lui a creare la macchina repressiva poi perfezionata fino al parossismo da Stalin, il suo successore che egli non vedeva di buon occhio ma che nulla fece per ostacolarne la presa del Cremlino.

Il resto è storia nota. Non ci fu mai un momento felice, nei settant’anni di vita dell’Urss.
Mai ci fu la possibilità di riformare quel sistema dispotico-burocratico.
Forse solo nel 1956 con la destalinizzazione di Kruscev sarebbe stato possibile qualche cambiamento, ma solo dopo pochi giorni l’Urss invase Budapest, e da allora sino all’estremo generoso ma velleitario tentativo di Gorbaciov sull’Unione sovietica regnò la notte più buia. Lenin fu all’origine di questa mostruosa avventura, che pure conobbe la pagina eroica di Stalingrado ma dopo che Stalin aveva barattato l’Europa con Hitler. Karl Marx non aveva lasciato scritto come dovesse funzionare uno Stato operaio, e Vladimir Ilic riempi il vuoto con la dittatura dei Soviet, cioè del Partito, e poi con l’esercito e la burocrazia.

Egli attese una rivoluzione mondiale che non avvenne mai né poteva avvenire, e quando capì che il sistema dei Soviet non riusciva a creare produzione e ricchezza si guardò bene dall’insistere con le ricette bolsceviche virando su un’ipotesi di economia di mercato (la Nep): fu un breve momento, già il fallimento era alle porte. Solo un’ottusa fede nell’avvenire del comunismo poteva sorreggerlo fino alla repentina morte (1924), alla vigilia dell’avvento di Stalin.
Il comunismo sovietico, mescolanza di marxismo, giacobinismo e terrorismo russo, non funzionò mai e lasciò sul campo della storia tragedie gigantesche.
E il padre di questo mostro si chiamò Vladimir Ilic Ulianov, detto Lenin.

  

(da Il Riformista - 24 gennaio 2024)

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