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la falsa inclusività della scuola italiana

 

di Paolo Razzuoli

 

Parlando in privato, non vi è operatore scolastico di buon senso che non denunci la più grande ipocrisia sul modo con cui la scuola italiana gestisce il delicatissimo tema dell’inclusività.

Infatti, al di là dei soliti proclami sulla vocazione primaria della scuola all’inclusività, la situazione concreta presenta uno scenario del tutto diverso.

Uno scenario in cui non solo non viene sostenuto adeguatamente chi ha bisogno di strumenti particolari per il raggiungimento dei possibili traguardi formativi e professionalizzanti, ma mal intendendo il senso del successo formativo si è abbassato il livello della scuola, rendendola inadeguata al raggiungimento degli standard di competenze ed autonomia di giudizio richiesti da una società sempre più complessa. Insomma, si è fatta una scuola inidonea per tutti, quindi sia per coloro che hanno bisogno di strategie e strumenti particolari, sia per coloro che non ne hanno necessità.  

Ormai da quasi mezzo secolo, il nostro sistema scolastico si è avvitato in una traiettoria di progressiva decadenza, da cui potrà sottrarsi solo se la politica e più in generale il dibattito pubblico saprà ripensarlo, in ogni suo aspetto, senza ipocrisie e con il chiaro intento di adeguarlo alle istanze di una società sempre più complicata da capire e da vivere.

Percorso sicuramente arduo, che presuppone una rigorosa valutazione di ciò che è accaduto in particolare negli ultimi 50 anni. E sappiamo bene come in Italia sia difficile fare i conti con il passato, ancor più quando ciò implichi la messa in discussione di “tabù intoccabili”, di cui si è riempita la bocca un certo mondo accademico, sindacale e politico  .

Ovviamente, di tanto in tanto qualche grido di allarme si sente. Ma sono voci isolate, di coraggiosi che trovano la forza di “cantare fuori dal coro”. E sappiamo come in Italia sia difficile sottrarsi agli strali di un “mainstream” che mal sopporta chiunque non si adegui passivamente ai propri dogmi.     

La difficoltà di un confronto è ben specchiata nei testi sotto riportati: il primo è un frammento di un articolo di Ernesto Galli Della Loggia, pubblicato sul Corriere della Sera, con cui recensisce un volume di Giorgio Ragazzini: appunto due voci fuori dal coro. Il secondo è invece una replica del presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, Antonello Giannelli, ben inserito nel coro.

  Ciascun lettore potrà agevolmente rendersi conto delle posizioni messe in campo.

 

Ernesto Galli della Loggia

 

La scuola italiana è il regno della menzogna e finche resterà tale non potrà che peggiorare. Sulla carta tutto è previsto, tutto funziona, e alla fine tutti sono promossi. Ma come si legge nelle pagine chiare e documentate di questo libro di Giorgio Ragazzini (Una scuola esigente, Rubbettino, pagine 174, euro 15), un insegnante tra i fondatori del benemerito «Gruppo di Firenze», la realtà è ben diversa. A cominciare ad esempio da quella che si cela dietro il mito dell’inclusione. In ossequio al quale nelle aule italiane — caso unico al mondo — convivono regolarmente, accanto ad allievi cosiddetti normali, ragazzi disabili anche gravi con il loro insegnante personale di sostegno (perlopiù a digiuno di ogni nozione circa la loro disabilità), poi ragazzi con i Bes (Bisogni educativi speciali: dislessici, disgrafici, oggi cresciuti a vista d’occhio anche per insistenza delle famiglie) e dunque probabili titolari di un Pdp, Piano didattico personalizzato, e infine, sempre più numerosi, ragazzi stranieri incapaci di spiccicare una parola d’italiano. Il risultato lo conosciamo.

 

Antonello Giannelli

 

Presidi ANP, chi pensa a classi differenziali è antidemocratico - Giannelli, ‘parli di scuola chi di scuola si occupa ogni giorno’

 

(ANSA) – ROMA, 15 GEN – Chi teme che la presenza in classe di allievi disabili o con bisogni speciali rallenti la formazione degli altri, “parla sulla base

di presupposti che non sono quelli previsti dall’ordinamento italiano: la scuola non deve riempire i cervelli con più nozioni possibili. L’ordinamento

italiano prevede altro. La scuola non ha e non deve avere l’obiettivo di riempire la testa degli studenti, non ci interessa una testa ben piena ma una

testa ben fatta”. A dirlo è il presidente di Anp, Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, a Radio Cusano Campus. “La scuola Italiana – spiega

– ha abbandonato da tempo questo atteggiamento e punta su altro, innanzitutto sull’inclusione. Chi pensa che chi è meno fortunato deve stare indietro è

sostanzialmente un antidemocratico. Rimpiangere quella organizzazione significa rimpiangere un tempo in cui le cose erano diverse. La scuola deve essere

inclusiva. Bisogna fare di tutto perchè tutti gli studenti conoscano il successo formativo ma poi il punto è fare anche in modo che i ragazzi crescano

crescano nel rispetto dei valori democratici, del rispetto reciproco, che amino la cultura. Dovremo convincerci che i giudizi sulla scuola debbano farli

chi la scuola la vive. L’autore dell’articolo ha una visione sociale che non è la mia e della stragrande maggioranza di chi è nella scuola”, ha concluso.

 

Lucca, 16 gennaio 2024

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(recensione del saggio "Una scuola esigente" di Giorgio Ragazzini)

 

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