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Rapporto tra politica e magistratura, dal populismo penale al populismo politico

di Marzia Amaranto

Calamandrei: "Quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra"

Se sollevassimo il velo nascosto dietro la democrazia scorgeremo sbalorditi le catene verticali del potere talora invisibili e segrete, questo è il riassunto di quanto la vicenda del rapporto politica - magistratura appaia nell’ultimo decennio. Ebbene il fatto che un magistrato non possa rivestire incarichi politici mentre svolge le funzioni di potere giudiziario e` intuitivo, sicuramente stupisce che a tutt’oggi non sia previsto dalla legge in modo esplicito. È pensiero diffuso che tra le cause principali della perdita di credibilità della giustizia vi sia l’impronta politicizzata di giudici e pubblici ministeri, così come è noto ai più che la magistratura italiana, al pari di quella europea, abbia una solida tradizione associativa e una pluralità di correnti, basate sulle diverse concezioni del ruolo della magistratura e delle politiche della giustizia, con contrapposte idee.

Sicuramente l’indipendenza e l’autonomia tra il potere giudiziario e quello politico raffigurano il caposaldo necessario dello Stato costituzionale, purtuttavia proprio negli ultimi anni, si è assistito ad un continuo conflitto tra i poteri dello Stato e la crescente incidenza delle indagini giudiziarie sull’andamento della politica. Sosteneva il giudice Giovanni Falcone che la magistratura non dovesse farsi ammaliare troppo spesso dalle lusinghe del potere politico, ed in effetti questa affermazione descrive alla perfezione le difficoltà del rapporto che vive la magistratura e la politica, basti pensare alle vicende giudiziarie, alle inchieste e alle accuse reciproche dei due poteri, partendo dalle vicende giudiziarie di tanti dei nostri politici.

La disputa vede da un lato la politica spesso perseguitata dalla magistratura per via dell’appartenenza a quello o quell’altro partito, con idee piuttosto diverse tra loro; dall’altro indagini e inchieste che rappresentano l’obbligo dell’esercizio dell'azione penale come previsto all’art. 112 Cost. Per il giurista ed ex presidente della Corte costituzionale Zagrebelsky, il principio di unità del diritto secondo le necessità dello Stato costituzionale, ci ha guidato a comprendere l’importanza della funzione giurisdizionale, riconoscendo pertanto nei giudici gli attuali "padroni del diritto" in tutte le sue dimensioni, di legge, di diritti e di giustizia. Sicché quella attuale è la stagione del controllo dei giudici – che forniscono una voce alla Costituzione – sul legislatore.

Ma all’inizio del nostro percorso costituzionale, il padrone del diritto era il legislatore e vi era il tradizionale rapporto di "subordinazione" giudiziaria alla volontà legislativa. Purtuttavia la dottrina giuridica ha pochi dubbi sul punto, riconoscendo che l’espansione delle competenze del potere giudiziario, abbia riguardato altresì la sfera del penale. In effetti la questione penale ricopre un ruolo sempre più centrale nei nostri sistemi politici. Non è affatto un fenomeno nuovo, quello dell’uso demagogico del diritto penale, diretto ad alimentare e riverberare effetti sul consenso elettorale, mediante politiche e misure illiberali tanto inefficaci, circa la prevenzione della criminalità, quanto fautrici di un sistema penale disuguale e fortemente lesivo di diritti fondamentali. Un altro dettaglio di non poco conto è la tendenza giustizialista dell’opinione pubblica. Le garanzie proprie di un sistema di diritto, non fanno parte né della cultura di massa e né del senso comune, al contrario gli imputati, secondo l’opinione pubblica non si presumono innocenti, bensì colpevoli. Il garantismo non fa parte della coscienza comune, che necessita purtroppo di capri espiatori. Per non dimenticare poi la funzionalità del populismo penale al populismo politico, con la tendenza a identificare i nemici e declinazione in diritto penale del nemico. Il bisogno di legittimazione attraverso più nemici, interni ed esterni, persino identificati con i precedenti Governi e nemici nelle opposizioni.

È chiaro che gli indagati e gli imputati, si scoprono come i nemici ideali perfetti, per la spettacolarizzazione della giustizia e la messa in scena della gogna mediatica. La giustizia usata come “mezzo” di una guerra contro il male unita all’emergenza quotidiana, che ahimè non forniscono alcuna risposta a gran parte dei problemi della politica. Resta certo quanto affermato da Piero Calamandrei: "Quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra". Ebbene attraverso interpretazioni creatrici giustificate dalla necessita` di adeguarsi al dettato costituzionale, non solo le regole basilari del processo penale ma sin anche le fattispecie criminali, sono state plasmate e riscritte rispetto alla volontà espressa dal legislatore. Appare dunque chiaro che un progetto di riforma della giustizia, deve evitare che gli scandali diventino un pretesto per forgiare un’istituzione giudiziaria partigiana, oltre ad avere il coraggio di superare i radicati pregiudizi degli ultimi anni. Un progetto di riforma che possa legittimamente mettere in discussione anche quei corollari che l’esperienza storica attuale ha ridotto a mera forma.

(da Il Riformista - 14 dicembre 2023)

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