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Il comunista hollywoodiano che visse fuori dagli schemi

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di Federico Bini

 

 

Lucio Magri alla fine ha deciso di andarsene, non sopportava più quella vita personale e politica in cui gioia e dolore ormai non avevano più significato.

Dopo la perdita della moglie niente aveva più un senso, tanto meno continuare a vivere.

Quella vita in cui '' si oscilla tra la noia ed il dolore'', non gli piaceva. Non riusciva a sopportarla. Ci ha provato. Ha resistito. Ha rassicurato gli amici al telefono : '' non preoccupatevi, torno domani'', ma alla fine si è arreso, ha ceduto. E' andato a viversi un altro domani, è andato alla ricerca di un futuro nuovo, sperando di essere accolto in un mondo celeste, dove forse il suo unico interesse sarà poter ritrovare quella felicità perduta sulla terra.

Ed ha scelto una via della morte,che anche un suo grande amico, Mario Monicelli, intraprese.

 

Proprio nel 1963 il regista viareggino produsse un film dal titolo '' I Compagni''. E mai come ora quel titolo torna ad essere tanto attuale . Monicelli e Magri, i compagni, i soliti '' noti'', i simboli del comunismo più comunista che l Italia abbia mai avuto, ma anche i rappresentati e gli interpreti di quella cultura di una certa sinistra italiana che essi, a loro modo, hanno tentato di concepire, molte volte uscendo proprio da quegli schemi classici che la politica ti chiede.  

Entrambi uomini di  ''cinema'', Monicelli, indiscusso regista, ma il Magri, con il suo sorriso da seduttore, con il fascino e lo stile da paly-boy americano, aveva da sempre dato l idea di un attore prestatosi alla politica.

 

Ma alla fine il suo era un sorriso d apparenza, un semplice e timido sorriso che voleva coprire i dolori, le incomprensioni, i giudizi, gli scontri e le delusioni che la vita ti porta ad affrontare. E' stato catturato dal vuoto, dalla depressione, da una solitudine logorante e straziante che lo ha portato a compiere un gesto tragicamente spettacolare, anche per chi è portato ad essere un ''attore''.

Si è gettato in quel buio, in quel vuoto che egli provava  dentro di sé  e che ormai lo aveva preso, quasi catturato. Forse stava andando a conoscere proprio quel buio,quel mondo senza confini, che lo porterà dopo un lungo viaggio a ritrovare l unica gioia della sua vita, la tanto amata moglie Mara.

 

Per capire il personaggio di Lucio Magri è opportuno ricordare due fasi importantissime della sua vita : dalla breve stagione democristiana alla passione per il comunismo.

 

Nato a Ferrara nel 1932, fin da giovanissimo partecipò molto attivamente alla rivista mensile dei giovani democristiani '' Per l'azione'', orientata a sinistra della Dc, per poi collaborare nel 1955 al periodico '' il Ribelle e il Conformista'', diretto assieme a Carlo Leidi. In un articolo di allora, intitolato  '' Bilancio del centrismo'', si ha forse uno dei passaggi chiave più importanti della sua vita politica, poiché oltre a firmarsi con lo pseudonimo di Cesare Colombi, espose la sua chiara convinzione di aprirsi a sinistra.

E poco tempo dopo, uscì un altra rivista, '' Il Dibattito politico'',settimanale,vicino alle idee di Franco Rodano e diretto da Mario Melloni e Ugo Bartesaghi, con cui collaborano tra gli altri Giuseppe Chiarante, Lucio Magri, Ugo Baduel, Edoardo Salzano.

Il programma era chiaro : '' la ricerca delle necessità che sollecitano il mondo cattolico e quello comunista al dialogo''.  Non a caso la rivista che attrasse Magri , era vicina proprio a quel Franco Rodano che nel 1943 aveva fondato il Movimento dei Cattolici Comunisti che poi prese il nome di Sinistra Cristiana e che fu da fin da ragazzo, amico e avversario politico di Giulio Andreotti.

 

Il progetto è molto ambizioso e per certi aspetti anche un po' utopistico visti i tempi che correvano. Gli anni 50-60 sono segnati da un forte contrasto politico tra Dc -Pc e gli anni del famoso'' compromesso storico'' sono ancora lontani, forse Magri e Rodano per certi aspetti anticipano teoricamente ciò che Moro cercherà di riportare nel difficile campo della '' realtà politica italiana''. 

 

Saranno però questi gli anni dei discussi e discutibili, Governi Fanfani, Scelba, Segni e Tambroni, a guida democristiana ma anche social-democratica e liberale.

Anni in cui il potere della Chiesa ''dilagava'' sulla scena politica italiana, per capire il clima possiamo ricordare il curioso fatto di quando Giovanni Gronchi , appena eletto Presidente della Repubblica (1955), fu ricevuto in udienza  da Papa Pio XII e s'inginocchiò per ricevere la benedizione. Il gesto provocò moltissime polemiche, da chi come molti amici di Magri, vedevano nei maggiori esponenti Dc un '' servilismo '' troppo evidente e devoto nei confronti della Chiesa, da essi accusata di essere '' l anima economica e politica'' della democrazia cristiana.

Ma furono anche anni in cui l'Urss costituisce con i paesi satelliti il Patto di Varsavia, in netta contrapposizione con il Patto Atlantico, in cui l Italia era entrata a far parte, non senza forti contrasti tra Dc- Pc.

Nikita Kruscev, nuovo leader sovietico denuncia i crimini di Stalin e le sue dichiarazioni spingono la Polonia a insorgere contro il regime comunista.  Ancora più violenta è la protesta che scoppia in Ungheria a ottobre (1956): i rivoltosi chiedono libertà di stampaelezioni libere e il ritiro delle truppe sovietiche. . L'Unione Sovietica invia i carri armati a novembre e reprime con una violenza durissima la rivolta.

Questi fatti segneranno duramente il Pci. Nel successivo congresso, Togliatti è riconfermato, ma molti iscritti illustri se ne vanno, tra cui Italo Calvino e Pier Paolo Pasolini. Pietro Nenni attacca duramente il segretario del Pci e restituisce all'Unione Sovietica il Premio Stalin che aveva vinto due anni prima.

 

Magri invece nel 1958, mentre l Italia scopriva Modugno e la sua canzone nel '' Blu dipinto di blu'',  entrava a tutti gli effetti ad essere un dirigente del Pci.  Giorgio Amendola nell'estate di quell'anno lo incontra a Roma in via delle Botteghe Oscure e quando ritorna a Bergamo, diventa primo segretario cittadino e alcuni anni dopo vice segretario regionale.

Trasferitosi poi a Roma, nella casa di Alfredo Reichlin conobbe Enrico Berlinguer, ancora ben lontano dalla sua gloriosa carriera politica. Entrato ormai a far parte degli ingraiani più attivi e convinti, con l avvento del 1969 e l invasione sovietica in Cecoslovacchia, in forte contrasto e dissenso con il Pci, insieme a Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Aldo Notoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina ed altri, fondò la rivista da lui diretta che prese il nome de '' Il Manifesto'' che arrivò in edicola il 23 giungo 1969.

Caprara descriverà così alcuni membri del gruppo : '' Rossanda lucidamente egemone, Pintor imprevedibile, Natoli rigoroso e Magri ferratissimo''.

Nel giro di qualche anno il Comitato centrale del partito comunista italiano portò a radiare Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Lucio Magri ed altri, con l accusa di '' frazionismo''.

 

Dopo il 1970 Magri comincia a lavorare per creare Il Partito di unità proletaria per il comunismo che ufficializza nel 1974, a cui in autunno aderì anche il Movimento autonomo degli studenti di Milano di Mario Capanna.

 

Nel 1984 però rientra nel Pci, dove vi rimase fino alla sua dissoluzione, a Rimini nel 1991.

La scena, riportata bene da Simonetta Fiori, mostra un Achille Occhetto affranto ed irritato che non riesce a diventare segretario del partito che sostituirà il Pc ( ci riuscirà solo alcuni mesi dopo) per pochi voti. E chi era presente, ricorda Luigi Magri, in piedi, che alza il pugno chiuso ed esclama : '' Viva Marx, Viva Lenin, Viva Mao Tse Tung ! ''.

 

Dopo pochi mesi, uscirà anche dal Pds, appena formatosi e contribuirà a creare  il Partito della Rifondazione comunista, ove vi rimarrà fino al 1995, quando la sua corrente rientrerà nei Democratici di sinistra. Magri non condivise quella scelta e decise così di non aderire più a nessun partito.

 

Nel 2009 il suo ultimo atto politico, '' il sarto di Ulm'' ( Il Saggiatore), un libro che ripercorre la storia del Partito Comunista italiano nel dopo guerra e la sua esperienza politica personale.

E' stato forse questo il suo ultimo testamento politico, un ultimo ricordo per i suoi allievi ed i suoi amici, ma soprattutto un ultimo saluto al suo maestro Ingrao.

 

Il Manifesto nel giorno della sua morte lo ricorda così : '' La vita gli era diventata insopportabile, sia sul piano politico che su quello personale, in particolare dopo la morte della moglie, Mara per un tumore''.

 

Personalmente non condivido le idee politiche di Magri, però a lui mi ha sempre legato una stima dal punto di vista culturale.  Seppur criticamente ho apprezzato i sui scritti e ho soprattutto ammirato il suo immenso amore per la moglie Mara, forse se è stato un uomo di successo è stato anche grazie a lei.

 

''Il rivoluzionario da salotto'', come lo ha definito Marta Marzotto, amante del purè di mele, della salsa di menta e del caviale, sta ora andando a compiere il suo ultimo e lunghissimo viaggio di una vita vissuta fuori dagli schemi, tra il palazzo e le piazze, tra i salotti ed i bar, tra intellettuali ed operai.

 

Forse solamente ora, in questo momento, potrà riabbracciare la tanto amata Mara, la sua unica ragione di vita. La sua unica fonte di gioia e di felicità. Sarà sepolto a Recanati,  la terra del poeta Leopardi, colui che scrisse : '' la felicità non esiste né nel passato, né nel presente ma è una vaga aspirazione per il futuro verso l'ignota gioia dei domani che non conosciamo e che ingenuamente speriamo sempre migliore di oggi''.  

 

Alla fine mi conceda una battuta,

 

'' un ultimo saluto compagno Magri, da un amico democristiano ! ''.

 

 

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