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Alcune idee per un impegno nella politica

di Paolo Razzuoli

In Italia e' questo un momento di grande sfiducia nella politica. La gente si sente sempre piu' lontana dai palazzi del potere e dall'impegno nei partiti che, vista la loro struttura leaderistica, sono ben lontani dal favorire interesse e desiderio di partecipazione.

Ma anche per chi, nonostante tutto, trova ancora la volonhta' di mettere il proprio tempo e le proprie energie al servizio dell'impegno politico, lo scenario non e' certo incoraggiante, non solo per la chiusura dei partiti, sostanzialmente dediti alla conservazione della loro classe dirigente e refrattari ad ogni alito di rinnovamento, ma anche, direi soprattutto, per la difficolta' di sapersi riconoscere negli attuali strumenti messi a disposizione dalla politica italiana.

Dalle pagine di questo sito e' stato piu' volte ripreso il tema della necessita' di rinvigorire la vita e l'organizzazione dei partiti, affinche' possano riassumere il ruolo che gli compete nell'ordinamento democratico, certo adeguandone la struttura ai tratti della contemporaneita'. Che i partiti stiano perdendo la capacita' di raccordo con il territorio e' sotto gli occhi di tutti. In altro tempo, quando tale rapporto era il requisito di base di qualsiasi dirigente di partito, un errrore di valutazione come e' stato fatto dal PD rispetto alla situazione pugliese non sarebbe mai stato commesso.

Ma c'e' di piu'. A mio avviso e' in crisi la capacita' dei partiti di saper interpretare coerentemente un progetto politico. Piu' che politica si fa propaganda. Piu' che agire sulla base di un sistema di valori, si agisce a vista, sulla base di convenienze di corto respiro o andando dietro agli oracoli di oggi: gli esiti dei sondaggi.
Per chi crede nella necessita' di coerenza fra i valori professati e la prassi politica concreta, sono tempi duri. E' diffusa la sensazione che i valori servano piu' come biglietto da visita che come bussola capace di tracciare una rotta sicura.
Dietro l'esaltazione del "fare", come certo condivisibile alternativa alle lungaggini burocratiche, sembra nascondersi un pragmatismo disinvolto, commerciale, culturalmente fragile e politicamente contraddittorio.
Insomma, e' difficile riuscire ad identificarsi con forze di questa caratura; e' difficile crederci sino in fondo; e' difficile in esse sentirsi a casa propria e respirare un'aria ristoratrice che dia fiato alla voglia di impegnarsi attivamente, ovviamente con esclusione dei soliti carrieristi.

Uno scenario questo assai desolante per chi, come chi scrive, ha sempre pensato l'impegno politico come mezzo per l'affermazione di una visione della societa', che mai puo' essere ignorata anche di fronte a scelte apparentemente minori.

La mia scelta di campo e' da sempre stata quella dell'area della tradizione democratica-cattolica-liberale-riformista: tradizione mirabilmente interpretata a suo tempo dalla Democrazia Cristiana.
Al di la' delle parole e delle etichette c'e' oggi qualcuno in Italia che e' realmente degno di tale tradizione?
Provo a rispondere tratteggiando in sintesi alcune idee e caratteristiche che dovrebbe avere una forza degna di questa storia.

L'impegno di questa forza deve partire dalla centralità dell’individuo. Dalla dignità della persona, dal rispetto della sua sfera di autonomia, di autodeterminazione, di libertà. Che sia libertà dai dogmi imposti, da uno Stato padrone, dal pensiero unico. E, per forza di cose se si crede nella libertà dell’individuo, si deve credere e praticare il rispetto delle differenze. Come in un mosaico, policromatico ma allo stesso tempo armonico, che non annulla le diversità ma le inserisce in un contesto, unitario e molteplice allo stesso tempo.

Questa forza deve credere in una politica “prospettica”: una politica fatta di “visione”, che guarda al futuro, immaginandolo e costruendolo. Deve saper pensare in grande, costruendo una politica che non si trinceri in un eterno presente fatto di paura e di difesa, che non si nutra di perpetue emergenze, che non si serva dei “valori” e delle “identità” come fossero vessilli da sbandierare per spaventare presunti nemici.

Una forza che crede nel principio della “laicità”, senza confonderla con il laicismo, chiaramente convinta della necessita' di difendere le nostre radici culturali, consapevole di dover prendere le distanze dal relativismo oggi imperante. Una laicita' non solo riferita ai rapporti tra fede e politica; ma anche quando laicità significa obiettività e flessibilità di giudizio.

Una forza che crede anche nella pacatezza. Intanto, perché quando si hanno idee non c’è bisogno di gridare. E poi perché la responsabilità (parola che fa senza dubbio parte del bagaglio politico e culturale della tradizione a cui stiamo guardando) implica la moderazione e la ricerca del dialogo. Perché parlare con l’“avversario”, quando c’è da disegnare il futuro del paese, non vuol dire cedere all’inciucio, tradire o svendere le proprie convinzioni. Vuol dire, semplicemente, avere a cuore il destino di una nazione: una forza che sia davvero patriottica, nel senso piu' alto del termine.

Una forza che crede ancora - per quanto fuori moda ciò possa sembrare - nella moralità. Una moralità vera e praticata quotidianamente, fatta di buon gusto e di buon senso, di etica e di decoro. Attenzione, niente a che vedere con quei fumosi “valori” declamati alla bisogna, e agitati come un corpo contundente da chi, alle volte, li calpesta per primo.

Potrei ancora continuare. Mi sembrano comunque elementi tanto importanti da far tremare chi voglia guardarsi intorno per cercare qualcuno che sappia interpretarli.
Tuttavia la sfiducia e l'abbandono non portano da nessuna parte. La nostra societa' deve trovare la forza per uno scatto di orgoglio per uscire dalle secche in cui si e' cacciata.
Deve essere questo un impegno per chi abbia a cuore il futuro del nostro Paese.

Ho guardato con simpatia l'ipotesi di approdo bipolare della infinita transizione italiana. In linea di principio sono ancora convinto di tale scelta: di stagioni dei "due forni" non sento certo la nostalgia.
Se si intende consolidare il bipolarismo, i due principali protagonisti, e comunque il PdL per quel che mi riguarda, dovranno percorrere ancora un lungo percorso. In caso contrario e' probabile che si determinino nuove fratture e disaggregazioni, con effetti non facili da immaginare sulla stabilita' del quadro politico complessivo e sulla tenuta delle maggioranze e dei governi.
Ipotesi non certo lusinghiera, ove si pensi che la complessita' del tempo che viviamo richiede scelte di ampio respiro, che solo maggioranze stabili e fortemente radicate con l'opinione pubblica possono compiere.
Uno sbocco pero' che potrebbe trovare una reale giustificazione nell'incapacita' degli attuali principali partiti di farsi coerenti interpreti di un progetto politico dai contorni chiari e fortemente ancorato ai bisogni veri della gente.

Lucca, 29 gennaio 2010

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