logo Fucinaidee

Il recente pronunciamento della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionali alcune parti della Legge n.40 del 2004, ha riacceso il dibattito sulle problematiche legate alla procreazione medicalmente assistita.
Come tutti ricorderanno, la legge n.40/2004 fu anche oggetto di un referendum abrogativo che non ebbe esito giacche' non si raggiunse il quorum necessario di votanti.

Il contenuto della legge riguarda un tema delicatissimo, che chiama in causa differenti visioni dell'uomo: posizioni quindi non solo scientifiche, ma piu' in generale filosofiche che attengono ad ogni aspetto della vita umana.
UN tema quindi che chiama in causa questioni di coscienza, e che vede posizioni differenziate anche all'interno dei due principali partiti dello scacchiere politico italiano.

Ritengo utile proporre ai lettori di Fucinaidee una riflessione sull'Istruzione "Dignitas Personae", emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede: un testo che contiene elementi di riflessione il cui senso, a mio avviso, prescinde da qualsiasi posizione rispetto alla fede religiosa.

Lucca, 5 aprile 2009
Paolo Razzuoli

 

Riflessioni sulla «Dignitas personae» - La grammatica della vita umana e quella della democrazia

di Adriano Pessina - Direttore del Centro di Bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche nei campi della biologia e della genetica ha permesso una nuova analisi della struttura corporea umana e della sua evoluzione, fino al punto, per così dire, di individuarne la grammatica. E se l'uomo contemporaneo è diventato un esperto della grammatica della vita umana, al punto che può pensare di riscriverne le regole, non si può dire che ne abbia, di pari passo, approfondito la semantica, cioè il significato e il valore. Se vogliamo continuare a interpretare il libro della vita umana non dobbiamo separare e stravolgere il rapporto intimo che lega la grammatica con la semantica, la biologia con l'antropologia. Paradossalmente, la maggior conoscenza del nostro corpo e del suo funzionamento, fin nelle sue fasi iniziali, ha coinciso con l'affermazione di una sorta di estraneità e di presa di distanza dal corpo stesso, sempre più pensato come qualcosa che appartiene alla persona e non come il modo concreto con cui esiste la persona umana. La difficoltà di pensare al corpo umano, fin nelle sue iniziali fasi di organismo monocellulare, come corpo personale è all'origine di molte questioni bioetiche. Ed è per questo che oggi risulta decisivo porre al centro la cosiddetta questione embrionale come questione non soltanto scientifica, ma antropologica. Di fatto la vita embrionale è oggi sempre più esposta alla possibilità della selezione, della manipolazione, della sperimentazione e della distruzione.
Di fronte ai nuovi problemi che interrogano la coscienza morale di credenti e non credenti, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha ritenuto necessario fornire non soltanto delle risposte, ma dei criteri per orientare la prassi, attraverso l'istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica.

La questione antropologica

La prima parte dell'istruzione conferma il "criterio etico fondamentale" già espresso dalla precedente istruzione Donum vitae, e cioè che "il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalità corporale e spirituale. L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento".
La presenza di nozioni prettamente scientifiche - zigote, embrione - e di concetti propriamente filosofici ed etici - persona e dignità personale - richiede un'attenta considerazione, sia per non confondere i piani dell'argomentazione, sia per comprendere che si sta parlando della medesima realtà con prospettive metodologiche differenti. Il linguaggio della biologia ci permette di descrivere lo sviluppo dell'essere umano; il linguaggio della filosofia e della teologia ci permette di comprendere il significato e il valore di ciò di cui stiamo parlando. Se, infatti, sappiamo che cosa è l'embrione umano riusciamo anche a comprendere chi è. C'è un nesso intrinseco tra il fatto che le nozioni di zigote, embrione, e via dicendo, descrivono le fasi di sviluppo dell'essere umano - rispondendo alla domanda che cosa è? - e il fatto che la nozione di persona attribuita all'essere umano ci permette di rispondere alla domanda chi è? Questo passaggio, dal che cosa al chi, è teoricamente decisivo, perché ci riporta al dibattito filosofico contemporaneo e alle due tesi che si stanno sempre più diffondendo:  la prima riguarda l'unanime riconoscimento del valore della persona; la seconda, che mina questa importante acquisizione, separa irrimediabilmente il concetto di essere umano da quello di persona, negando che tutti gli esseri umani siano persone.
Oggi si tende ad attribuire valore all'essere umano in quanto persona, quasi non bastasse più, per usare l'espressione della filosofa Hannah Arendt, la nuda qualità dell'essere umano per essere riconosciuti come degni di rispetto e di tutela. Da qui la necessità di dimostrare che ogni essere umano, in qualunque stadio della sua esistenza e in qualunque condizione di salute, sia persona umana a pieno titolo. A partire dall'epoca moderna, la nozione di persona - così cara alla tradizione cristiana, che nel suo uso analogo l'ha assunta per esprimere la fede nel Dio trinitario - ha cessato di essere attribuita all'uomo in modo univoco. Infatti, il concetto di persona è stato, ed è spesso usato per indicare l'uomo in quanto agente morale, cioè in quanto è in grado di decidere e di volere, oppure per designare l'uomo come soggettività psichica, espressa dall'esercizio della coscienza di sé. In questo modo è stato progressivamente offuscato il significato che fa da sfondo a queste due accezioni, cioè il concetto di persona umana come termine univoco in grado di esprimere la soggettività ontologica che caratterizza l'essere umano e che costituisce e qualifica la stessa corporeità umana, fin dal suo sorgere.

La presente istruzione chiarisce perché "l'istruzione Donum vitae non ha definito che l'embrione è persona" e cioè "per non impegnarsi espressamente su un'affermazione d'indole filosofica" che, aggiungiamo, avrebbe potuto prestarsi a equivoci in questo contesto culturale. Ma questa attenzione prudenziale non è una rinuncia teorica:  infatti, l'attuale istruzione ribadisce che "esiste un nesso intrinseco tra la dimensione ontologica e il valore specifico di ogni essere umano" (Dignitas personae, n. 5). Ed è in forza di questo nesso che si può affermare che "l'embrione umano, quindi, ha fin dall'inizio la dignità propria della persona" (ibidem). Quest'affermazione accoglie le nuove conoscenze scientifiche e conferma la tesi per cui la dignità riguarda quella nuda qualità dell'essere umano che si palesa con la formazione dell'organismo umano che siamo. E Tommaso d'Aquino fornisce una definizione particolarmente chiara della persona umana evidenziando che la corporeità umana è costitutiva dell'individualità umana e della sua dignità. E infatti scrive:  "La persona, in qualsiasi natura indica ciò che è distinto in quella natura:  cioè nella natura umana significa questa carne, queste ossa, questa anima, che sono principio di individuazione per l'uomo; le quali cose, pur non facendo parte del significato di persona, tuttavia fanno parte di quello di persona umana" (Summa Theologiae, i, q. 29, a. 24). Il modo di essere persona dell'uomo - il suo essere persona umana - è dato dalla sua corporeità. La sua peculiare identità e soggettività deriva dall'unione sostanziale di un'anima spirituale - creata da Dio - con una materia ereditata dal processo della generazione umana:  questa unità è il singolo uomo, la persona umana che esiste come identità corporea. L'uomo non è né il suo corpo, né il suo spirito, ma quel concreto essere vivente che diviene nel tempo e che è capace di pensare proprio perché è un certo tipo di vivente. E non è necessario comprendere o condividere la metafisica di Tommaso per comprendere l'unità dell'uomo:  basta la fenomenologia del vissuto umano per farci comprendere come mente e corpo, spirito e materia, siano intimamente intrecciati nella nostra concreta esistenza. Noi siamo soliti considerare la soggettività psichica o psicologica, quella che chiamiamo autocoscienza, ma tendiamo a dimenticare che l'uomo non è la sua coscienza, perché l'essere uomo precede e accompagna la stessa coscienza di sé - come avviene nella quotidiana esperienza del sonno e della veglia, quando la coscienza di noi stessi cessa senza che il nostro io cessi di esistere.

Sviluppandoci impariamo a riconoscerci come quel soggetto che ha alle sue spalle una storia di cui non si aveva coscienza. Ogni uomo è unico e insostituibile perché già nel suo semplice esistere è un chi. Questa soggettività ontologica, espressa dalla nozione di persona umana, è la condizione perché si dia la persona come agente morale o la persona come soggetto psichico. Per questo il riconoscimento della dignità personale - della soggettività - deve essere esteso a tutte le fasi dell'esistenza dell'essere umano. Su questa maturità del pensiero si fonda una reale democrazia, capace di riconoscere l'uguaglianza di tutti gli uomini e d'impedire ogni ingiusta discriminazione basata sul loro sviluppo o sulla loro condizione di salute.

L'essere umano come figlio

Proprio perché l'essere umano allo stadio embrionale è soggetto non nel significato psichico, ma nel significato ontologico, è degno, fin dal suo apparire, d'essere chiamato per nome. E anche il senso comune ha percepito questa verità:  coloro che aspettano un figlio non soltanto parlano di lui, nell'apprensione, nella gioia, nella speranza, ma poco alla volta iniziano a parlare con lui. Perché nel rispondere al che cosa è l'uomo si è manifestato il chi è. Le ragioni della fede e le ragioni della filosofia si incontrano a livello antropologico. L'istruzione Dignitas personae sottolinea con chiarezza questa relazione che ha il suo fulcro proprio nell'Incarnazione, nel Figlio di Dio che non ha disdegnato di farsi carne e di diventare così anche figlio dell'uomo. "Divenendo uno di noi, il Figlio fa sì che possiamo diventare "figli di Dio" (Giovanni, 1, 12), "partecipi della natura divina" (Seconda Lettera di Pietro, 1, 4). Questa nuova dimensione non contrasta con la dignità della creatura riconoscibile con la ragione da parte di tutti gli uomini, ma la eleva ad un ulteriore orizzonte di vita, che è quella propria di Dio e consente di riflettere più adeguatamente sulla vita umana e sugli atti che la pongono in essere" (Dignitas personae, n. 7). La fede cristiana si presenta come il luogo nel quale si salda l'affermazione della dignità e quella della sacralità della vita umana. L'io dell'uomo trova infatti in Dio non soltanto il suo creatore, ma il suo assoluto interlocutore, non un padrone della vita, ma un padre della vita, un fratello presente nella storia dell'uomo.

(da L'Osservatore Romano, ediz. dell'11 marzo 2009)

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina