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Lodo Alfano: alcune riflessioni, un appello di costituzionalisti ed il testo approvato dalla Camera dei deputati

Paolo Razzuoli

La Camera dei Deputati ha, qualche giorno fa, varato il cosiddetto "Lodo Alfano", vale a dire il provvedimento che sospende gli eventuali processi penali a carico delle piu' alte quattro cariche dello Stato.
Il provvedimento dovra' ora passare al Senato ove, tutto lo lascia prevedere, sara' approvato nel medesimo testo licenziato dalla Camera.
Il provvedimento e' stato al centro di un acceso dibattito, nelle sedi politico-istituzionali e nel Paese.
Con un pizzico di presunzione, che i lettori gentilmente mi perdoneranno, offro alcune mie riflessioni, unitamente ad alcuni documenti che potranno essere utili a chi vorra' approfondire la materia.

Provare a commentare il provvedimento significa per me che non sono un giurista, avventurarmi in un terreno certo in salita.
Mi limitero' quindi ad alcune riflessioni politiche lasciando ad altri il compito di avventurarsi nella sfera piu' propriamente tecnica.

Voglio avviare la mia riflessione partendo dal sottolineare la sfiducia diffusa verso la classe politica: una sfiducia che trova alimento sia negli episodi di corruzione, purtroppo assai frequenti, sia nella difficolta' di dare risposte credibili ai numerosi e gravi problemi che assillano gli italiani.

E' evidente che un provvedimento finalizzato a mettere al riparo da processi penali, se pur limitato alle quattro piu' alte cariche dello Stato durante l'esercizio del mandato, sia vissuto, nella migliore delle ipotesi, con diffidenza.
Si tratta di uno di quei temi caldi, attorno ai quali si sono scaldati gli animi e sciolti girotondi, e che piu' di ogni altro e' stato additato come esempio di provvedimento costruito per le esigenze personali di Berlusconi.

E' pleonastico ricordare che il fondamento dello stato di diritto e' l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge: un principio che deve essere garantito, anche mediante un ordinamento giudiziario capace di dare risposte certe in tempi adeguati.
Va pero' fatta una riflessione sul fatto che chi ha responsabilita' di governo deve essere messo nelle condizioni di poter esercitare con la necessaria serenita' il proprio compito, non certo sottraendosi perennemente da eventuali giudizi, che dovranno avere regolarmente luogo allorche' il mandato sia terminato.
Non voglio qui addentrarmi nella vicenda giudiziaria di Berlusconi: non posso tuttavia ignorare fatti che, se pur nel rispetto della magistratura, hanno dato luogo a non immotivate perplessita'. Ricordate la comunicazione giudiziaria al vertice di Napoli nel 1994?
L'indipendenza della magistratura e' un grande fatto di civilta' ma e' necessario che fra i poteri dello Stato si stabiliscano equilibri virtuosi, nel rispetto di alcune prerogative irrinunciabili.
E' ipocrita nascondersi che da vari lustri qualcosa in questa direzione non funziona e che talvolta si e' preferito il circo mediatico alla dovuta riservatezza imposta dalla delicatezza di compiti a cui si e' chiamati.

Poiche' la storia qualcosa deve pur insegnare, non e' poi' cosi' peregrino immaginare che qualcuno possa essere tentato nuovamente di sovvertire il risultato politico delle urne per altre vie.
E' corretto che questo accada? Penso proprio di no.
Il centrodestra - guidato da Berlusconi - dal 1994, con tutto cio' che e' successo sul versante giudiziario, ha vinto le elezioni per ben tre volte.
E' necessario evitare il ripetersi dei trascorsi copioni, nei quali l'azione del governo e della maggioranza sono stati logorati dal corto circuito di un anomalo rapporto fra politica e magistratura.
Il cosiddetto "Lodo Alfano" tende ad evitare tale logoramento, ed e' opportuno che intervenga all'inizio della legislatura per evitare che il quinquennio finisca nel pericoloso tunnel di un possibile circolo vizioso di uno scontro fra fondamentali poteri dello Stato.
Non si tratta certo di impunita': se ci saranno questioni penali da chiarire lo si fara' al termine del mandato.

Naturalmente si e' scatenata la inevitabile polemica, guidata in modo non sempre pacato dai soliti intellettuali, che agitano irrazionalmente i loro consueti motivi: "presunto pericolo per la patria", un "attacco alla nostra Costituzione" e cosi' via.
Affermazioni sinceramente sopra le righe, completate da una ingenua riduzione di ogni tensione fra politica e magistratura ad una sorta di plebiscito pro o contro Berlusconi, che appare deltutto fuori luogo rispetto ai veri problemi della societa' italiana.

Il problema della necessita' di garantire l'autonomia della politica se lo erano posto i "Padri della Costituzione" che, certo in un momento storicamente particolare, avevano introdotto garanzie per il Parlamento e per il Governo. Le cose sono cambiate sotto la spinta dei fatti accaduti dal 1992 in poi: fatti che hanno scavato un solco profondo fra politici e cittadini.
Dobbiamo pero' trovare la capacita' di elaborare una posizione razionale sottraendoci dalle lusinghhe del canto di certe sirene ingannevoli, sempre pronte ad ergersi, a moralizzatori del Paese.

Sono questi i concetti che meglio di me hanno espresso i firmatari di un appello a sostegno della nuova normativa, che ho letto su "IL giornale" del 13 luglio 2008, e che viene di seguito riportato unitamente al testo del provvedimento nella stesura licenziata dalla Camera dei Deputati.

Infine due parole sulla posizione del PD. E' certo vero che le priorita' del Paese sono altre, cosi' come e' vero che il provvedimento non va confuso ne' con la soluzione del problema politica-magistratura, ne' con la sentita necessita' di una riforma complessiva del sistema giudiziario.
Chi vorra' considerare la nostra storia recente in modo obiettivo, non fara' fatica a comprendere che questo provvedimento ci risparmiera' l'innestarsi di situazioni non certo giovevoli per la soluzione dei grandi temi all'ordine del giorno della politica italiana.
Governo e maggioranza non avranno cosi' scusanti per lo meno su questo versante: gli italiani potranno cosi' giudicarli e valutarli per la loro capacita' di saper costruire politiche coerenti con le sfide del tempo che viviamo.

Appello dei costituzionalisti: sì al lodo Alfano

DA "Il Giornale" - ediz. del 13 luglio 2008

Un appello «alla ragione per un nuovo rapporto tra politica e giustizia», e per dire un «sì consapevole e motivato» al lodo Alfano. È la risposta promossa da trentasei costituzionalisti e studiosi di diritto pubblico al documento diffuso nei giorni scorsi su iniziativa di Alessandro Pace. Primo firmatario dell’appello è Annibale Marini, presidente emerito della Corte Costituzionale, con le adesioni di giuristi come Giuseppe de Vergottini, Giorgio Lombardi, Beniamino Caravita di Toritto, Giovanni Pitruzzella, Nicolò Zanon.
«Crediamo - si legge nell’appello - che siano aprioristiche e perciò dannose posizioni oltranziste nei confronti di misure come il cosiddetto 'Lodo Alfano', che si sforzano di bilanciare ragionevolmente i diversi interessi in gioco in quel conflitto tra politica e giustizia che dura da ormai troppi anni e al nostro Paese è costato la perdita di innumerevoli opportunità di crescita e sviluppo».
Nel «rispetto delle indicazioni fornite a suo tempo dalla Corte costituzionale e come indicato pochi giorni fa dallo stesso Capo dello Stato», osservano i costituzionalisti, il Lodo «mira a garantire una temporanea immunità ai soggetti investiti delle cariche politico-istituzionali più importanti. Consente a chi ha responsabilità di governo di dedicarsi a esse con la necessaria serenità e il dovuto impegno, senza per questo pregiudicare il principio dell’eguale soggezione di tutti alla legge penale». Per questo, «riteniamo che sottovalutare queste esigenze - osservano i firmatari - presenti il rischio di far precipitare il Paese in vere e proprie emergenze istituzionali, nella contingenza economica oltretutto meno adatta.
Anche questa, ne siamo fortemente convinti, è una preoccupazione che deve animare chi ha a cuore la Costituzione e i suoi principi».
«Gli attuali conflitti tra politica e giustizia - spiegano gli studiosi in apertura del documento - meritino pacatezza e raziocinio, e non prese di posizione oltranziste assunte da intellettuali che si ritengono a priori, sempre e comunque, dalla parte del 'bene', della moralità, della Costituzione 'minacciata'.
Da uomini liberi e responsabili pensiamo che il muro contro muro in nome di principi assolutizzati non giovi a nessuno, così come riteniamo ingenuo ricondurre ogni tensione tra politica e giustizia a un referendum pro o contro Berlusconi». «Pensiamo - proseguono - che l’indipendenza della magistratura e dell’attività giurisdizionale devono essere bilanciate con la difesa della separazione dei poteri e del principio della sovranità popolare, che affida a chi ha vinto le elezioni il diritto di governare, e a chi è all’opposizione il diritto di candidarsi a succedergli mediante la proposizione di programmi alternativi, nella convinzione che ciò rafforzerebbe quegli strumenti di controllo e bilanciamento in grado di limitare l’esercizio del potere politico già previsti dal nostro sistema costituzionale».
«Da uomini liberi e responsabili -concludono gli esperti costituzionalisti- riteniamo che tutto ciò sia ancora più importante in un momento in cui le difficoltà crescenti richiedono un’incisiva azione di governo, immune da quella spirale di inefficienze, indecisioni e supplenze indesiderate che l’Italia ha già abbondantemente patito».

Lodo Alfano, il testo del ddl Camera 1442
Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato

Art. 1.

1. Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione.

2. L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale può rinunciare in ogni momento alla sospensione.

3. La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l'assunzione delle prove non rinviabili.

4. Si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale.

5. La sospensione opera per l'intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura.

6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale. Quando la parte civile trasferisce l'azione in sede civile, i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono ridotti alla metà, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.

8. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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